Il dipinto fu eseguito da Rutilio Manetti nel 1613, come testimoniato dall’iscrizione in basso a sinistra dove si legge “RUT.O MANE.I F.A. 613”. La scena rappresenta il momento in cui i parenti di Galgano, appresa l’intenzione di quest’ultimo di abbandonare la carriera da cavaliere per dedicarsi alla vita monastica, cercano di distoglierlo dall’idea portando con loro la bellissima ragazza che sarebbe dovuta diventare sua moglie. Il tentativo è però destinato a fallire, come dimostra la convinzione con cui il santo indica la spada da lui conficcata nella roccia per formare una croce. A queste date, Rutilio Manetti, stilisticamente, riassumeva il suoi interessi barocchi nella ricca gamma cromatica (risentendo ancora molto dei modi del suo maestro Francesco Vanni), ma allo stesso tempo iniziava ad aprirsi alle successive esperienze caravaggesche, come suggerisce la luce e la realistica rappresentazione dell’incarnato del Santo. La veste della promessa sposa è sicuramente uno dei brani più belli dell’intero dipinto, in cui i delicati cangiantismi tipici della prima attività del Manetti si uniscono alla minuziosa descrizione dei fiorellini ricamati sull’abito.
Il dipinto fa parte del piccolo ciclo di tele, dedicate alla vita del Santo, che include la tela L’arcangelo Michele appare a San Galgano, datata 1613, sempre del Manetti e la Morte di San Galgano, opera più antica delle tre, posta sull’altere laterale, e attribuita a Ventura Salimbeni (con la possibile collaborazione del fratellastro Francesco Vanni). La loro iconografia si basa principalmente sulla biografia, Vita del gloriosissimo San Galgano senese da Chiusdino scritta dal domenicano Gregorio Lombardelli, seguita fedelmente dal Manetti.